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Schopenhauer, un blogger ante litteram

Il filosofo Arthur Schopenhauer è un caso fuori dell’ordinario nella storia della filosofia. E ciò non solo per il suo particolarissimo pensiero, del quale non mi occuperò qui, ma per due aspetti formali che sono il frutto di una scrittura straordinariamente attuale per un uomo del primo ottocento, e di un’idea dell’intellettualismo che, al contrario, è andata sempre più scemando, al netto di qualche formidabile eccezione. Per queste sue peculiarità contrastanti, Schopenhauer rappresenta una sintesi di antichità nell’approccio filosofico e di modernità nell’espressione.

Il primo di questi due aspetti consiste nel fatto che, a differenza della stragrande maggioranza dei filosofi, Schopenhauer scrisse e pubblicò fondamentalmente una sola opera filosofica – “Il mondo come volontà e rappresentazione” – che provvide ad aggiornare costantemente nel corso della sua vita. Rispetto ad essa, le altre scarne pubblicazioni o ne rappresentavano una fase preparatoria o delle note a margine. Tuttavia quella sua scrittura così accattivante nel suo essere aforistica e ironicamente sferzante, tanto lontana dagli ambienti accademici, ha spinto molti avidi editori a pubblicare una miriade di sue presunte opere, e nello stile del pamphlet. E così sono apparse fantomatiche pubblicazioni di Schopenhauer del tipo “L’arte di ottenere ragione”, “L’arte di insultare” e via dicendo, circostanza che induce molti a pensare che il filosofo della Volontà avesse pubblicato in vita parecchi scritti quando in realtà ciascuno di questi non rappresenta altro che un insieme di estratti, sullo stile dell’aforisma, estrapolati dai suoi tanti appunti inediti. Tutti questi appunti sarebbero stati pubblicati in vita da Schopenhauer solo se nel suo tempo ci fosse stata una forma di autopubblicazione tipica della nostra epoca: il blog, nonché una capacità collettiva, estranea alla Germania hegeliana di allora, di comprendere pensieri filosofici non artificiosamente articolati ed espressi attraverso un linguaggio stringatissimo e satiricamente illuminante. Purtroppo oggi abbiamo gli strumenti per pubblicare pensieri profondamente inediti come quelli di Schopenhauer, ma non abbiamo gli Schopenhauer!

Il secondo aspetto che pone Schopenhauer fuori dell’ordinario è che la sua decisione di scrivere una sola opera sistematica era la diretta conseguenza del suo disprezzo verso l’idea di un curriculum e di una ricca collana personale, una pratica quest’ultima cara a molti suoi colleghi. Tanti filosofi preferivano infatti scrivere opere che, alla fine, nulla aggiungevano al proprio pensiero ma che servivano unicamente a raggiungere un certo numero di scritti che, quasi di default, era richiesto ad un pensatore. Questo ci deve far capire come Schopenhauer avesse a cuore solo la Conoscenza ed il Sapere in quanto tali, e non il rientrare in quella cerchia elitaria che vede in realtà la filosofia come mezzo per il proprio prestigio. Certamente Schopenhauer amava l’idea di raggiungere la gloria personale, ma il prefiggersi la gloria è cosa ben diversa dal volersi apporre le stellette della “cultura”. Come nel caso di un calciatore, la gloria la si raggiunge solo nel mirare a traguardi epocali, non nel mettere i contratti personali davanti a quelli.

Il fatto che Schopenhauer avesse deciso di pubblicare un’unica opera sistematica, aggiornandola costantemente, come si trattasse di una sorta di diario personale, lo rende davvero molto simile a quella figura intellettualistica contemporanea che viene identificata col termine “blogger”. Il linguaggio con cui egli si esprimeva era, come detto, molto lontano da quello sterilmente formale degli ambienti accademici e molto vicino invece ad un certo, anche se raro, intellettualismo contemporaneo. Non che egli abbia scritto in modo, come si direbbe oggi, divulgativo ma con una creatività ed uno stile polemico che rende eccitante l’inaudita profondità del suo pensiero. Il suo attaccare senza misura ma con grande sottigliezza linguistica e straordinaria ironia quelli che considerava solo degli sterili ed ammuffiti funzionari statali nei finti panni di intellettuali lo rendono molto simpatico a coloro, come me, che guardano con grande sospetto e disprezzo quello che solitamente viene indicato come “baronato universitario”.

Schopenhauer, dunque, è un condensato di “amore per il sapere”, ovvero di autentica figura filosofica (come nell’antica Grecia), e di vivida espressività contemporanea, mirante a raggiungere e ad appassionare chiunque voglia tendere alla Verità, fosse anche un ristretto numero di persone, ma non perché scelte a priori e senza autenticità, come accade negli ambienti fintamente intellettualistici delle attuali accademie, ma solo perché, ovunque queste persone si trovino, esse si facciano liberamente cogliere dalla vera passione per il Sapere.